mercoledì 13 maggio 2009

Due finniche morte e assassine che danzano su musiche gitane


La ragazza, venerdì non è venuta. In tutti i sensi. Il rodaggio del suo pertugio lussurioso è fallito miseramente (o solo rinviato?). Chi lo sa. In definitiva si prendono tutte gioco di me. Non apprezzano la mia sensibilità raffinata e profonda.
E allora vi narro una vicenda di fine aprile. Un'altra forchettata di cazzi miei, insomma.
In trasferta, direzione Roma. Internazionali di tennis e vita mondana, senza una lira in tasca. Viaggio in un affollato notturno per non abbienti, disadattati, cenciosi e stranieri. Scompartimento fortunatamente vuoto, e vociare convulso. Una sigaretta divorata, durante la sosta in una sperduta stazione. Un nero di due metri con enormi sacche azzurro intenso, condotto fuori dalla carrozza. Il solerte bigliettaio, lo spintona energicamente, con l'aria severa. Lui reagisce piccato. Fa lo sguardo truce.
“Fanculo amico, fanculo rasista di merda!”.
Quello reagisce mica bene.
“Ehy tu, che hai detto? Imparate l'educazione, lazzaroni maleducati! Fanculo a te e chi vi fa entrare in Italia.”. Mi guarda, cerca conferme. Annuisco. Lo tengo buono. Magari mi capiterà di fumare in corridoio. La vita è fatta di compromessi.
Il ragazzone si allontana ciondolando e smoccolando qualche insulto. Reo di non avere il biglietto e volerlo fare in treno. In modo imprudente abbozzo, una domanda al bigliettaio:
“Scusi ma, il biglietto non si può fare anche a bordo?”.
Farfuglia, sbiascica qualcosa di imprecisato.
“Si, si può...cioè si poteva...ma questi cialtroni devono imparare l'educazione! Come ci si comporta in Italia! Mi faccia vedere il biglietto lei, piuttosto!”.
Capisco di aver fatto un passo azzardato, con la mia impertinenza. Devo essergli sembrato un debosciato progressista. Glielo mostro, lo buca in modo nervoso e se ne va nella notte, a caccia di altri lazzaroni stranieri.
Poi rientro. Salgono pure due tizi. Si assiepano. Ridono, poi litigano, s'insultano. Alla fine aprono i sedili, levano le scarpe e si stendono. Uno dei due tira fuori una copertina e si accuccia sereno. Devono essere abituati, una cosa normale. Cominciano a russare come cinghiali selvatici, in un concerto quasi blues. Ed emanano anche un odore particolare, insopportabile. Afferro la mia borsa in pelle da professionista mancato, adagiandomi nel corridoio.
”Aranciate, birra fresca, aranciataaaa!”. Un buffo ambulante con l'accento napoletano e panzetta malaticcia. Me n'ero sparati quattro alla stazione, prendo altri tre barattoli di peroni. Otto euro. Sfugge a ogni legge matematica, ma chi se ne fotte.
“Eh, ti ho fatto lo sconto...”. Mi rivela con lo sguardo furbo.
“Ok.”.
Stappo, e sorseggio guardando il paesaggio schizzare via. Ogni tanto qualche casolare isolato, con luci arancioni ancora accese. Che staranno facendo ancora in piedi? Ed io che ci faccio in quel convoglio orrendo? Non dormo da 64 ore all'incirca e me ne sto seduto su uno sgabello pieghevole, nel corridoio di un treno per miserabili, diretto in nessun posto. L'idea di spararmi un colpo in testa dura qualche secondo, il tempo di ricordare che non ho una Lugher in tasca e di essere un obiettore di coscienza, non essere autorizzato all'uso delle armi. Che devo rifiutare la violenza. Anche contro di me. Mi arresterebbero anche da morto. Che assurdo paradosso. Da qualsiasi posto la si guardi, riescono sempre a fotterti. Ne stappo un'altra. E' calda come piscio, ma quella è. Occorre accontentarsi. Mi aspetta una bella fica calda e una due giorni di divago nel villaggio vip del Foro, a discutere del rovescio in back. Meglio che lavorare nei campi.
Sono a pezzi, mi dolgono le reni. Provo a riposare con la testa reclinata in avanti. Come un cavallo. Ma non ci riesco. Non c'è niente di più atroce del volere e non potere. Il segreto è non pensarci. Ne è rimasta un'altra. Levo la linguetta e osservo l'alba che scorre, svelando montagne frastagliate in lontananza. Voglio dire, capita spesso di osservare l'alba. Raramente di vederla spuntare in movimento. Diversa ma sempre uguale. Anche in quel trabiccolo nauseabondo, c'è qualcosa di bello di cui meravigliarsi. Ed i babbei se ne stanno a dormire. Finisco pure la terza e rimango sul sedile.
Comincio un bel sogno. Due stanghe finniche che danzano sorridenti e lascive, attorno al mio letto. Odore d'incenso, erba selvatica e vaniglia. Ancheggiano e ammiccano seminude, con degli strani nastrini dorati attorno a biondi capelli, fluenti come onde rassegnate. Indossano un vestitino azzurro cielo, corto, eccitante, con una cintura, dorata anch'essa, a cingere i fianchi. Quel drappo copre appena cosce chiare e luccicanti. I capezzoli inturgiditi spuntano discreti sotto al vestito leggero e setoso. Sui lati della cintura, scorgo una federa di cuoio e un pugnale. 

Che ci fanno con un pugnale? Mi porgono grappoli d'uva e grossi beveroni di vino, come ancelle devote. Una specie di paradiso. E danzano su musiche gitane. Poi si acquattano frementi, mi abbracciano tutte ansanti, squittiscono, lanciano gridolini strozzati come maialine da latte. Ancheggiano, dimenano le chiappe a pochi centimetri dal mio viso. Non resisto, ne avvicino una a caso. Le alzo il vestito. Non portano slip le satanasse. Una mano s'insinua in quei glutei di marmo. Gesù, una fica gelida. Una specie di brina mattutina solca la fessura dischiusa. Mi smarrisce. Una prende a baciarmi. Labbra glaciali, leggere come piume ghiacciate. Labbra di cadavere. L'altra amazzone comincia a strusciarsi e leccarmi il cazzo lentamente. Un pezzo di ghiaccio che accarezza la palle gonfie, scivola morbida e risale lungo il cazzo imbizzarrito, fino alla cappella. 
La bionda scandinava ci ha denti inquietanti e aguzzi, ma non li sento mica. Solo un gelo orrendo che risale su. L'altra continua a baciarmi e sorride. Una luce assassina e raggelante proiettata dagli occhi chiari, mi paralizza. Gesù, sto scopando due cadaveri che vogliono uccidermi. Sono morto, o solo pazzo. Il trillo del telefono mi salva da una sborrata mortale.
“A che ora arrivi?”.
“Alle 6,30 credo.”.
“Tra mezz'ora vuoi dire.”.
“Si. Ma tu sei già sveglia?”
“Lo sai che sono mattiniera...sei riuscito a riposare?”.
“Mi ero appena addormentato. Stavo facendo un incubo. Due finlandesi morte mi violentavano e volevano divorarmi lentamente. Terribile! Terribile!”.
Qualche secondo di silenzio imbarazzato.
“Ok, poi me lo racconti”.
“Ok, ciao”.
“A dopo.”.
Povera ragazza. C'è da comprenderla. Chi si metterebbe per due giorni in casa uno che sogna due finniche morte e assassine, che danzano su musiche gitane? Forse mi ama davvero.
(Quel che è successo la mattina seguente, lo scrivo la prossima volta. Che adesso mi sono rotto il cazzo. E le sigarette sono finite.).

4 commenti:

  1. ci sono, ci sono!
    s'è fatta trovare travestita da filandese cadavere.
    già me la vedo vestita di sola pelliccia di renna immobile nel freezer.
    (sono con te. brutta storia quando le sigarette finiscono)

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  2. Ah, peccato ci avevo preso gusto...

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  3. Ekeka.z. E' un'immagine inquietante. A metà tra una battona impellicciata (prima del decreto sulla morigeratezza dei costumi delle lucciole), ed una donna delle nevi. Molto più sobria. E preoccupata per la mia sanità mentale.

    Bianca. Ecco, lo sapevo. Sei una delle due amazzoni finniche? Immagino quella con i denti aguzzi ed i boccoli malinconici.

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  4. c'hai ragione!
    la colpa non è mia, ma della mia fervida immaginazione.
    buon tutto, caro Belane.

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Dedicato a chi non lo leggerà mai.