venerdì 17 aprile 2009

Barattoli vuoti, e leccate di fiche mielose


Fuori dal locale sono inciampato su un marciapiede insidioso. Li costruiscono a casaccio per rompere il cazzo alla gente pacifica. E fanno pure piovere. Chi? quelli lì, chi altri. Mi sono ricomposto, con grande dignità. Ho acceso una sigaretta dalla parte del filtro. E l'ho buttata via con classe.
“Ti accompagno io, non è un problema.”.
“Guido io però...”.
“Vuoi scherzare? Sono padrone di me stesso.”.
Lei ha 27anni. Bella, fascino misterioso, capelli biondi ed ondulati che le cadono sulla schiena. Con gli occhi verdi da tigre capaci di tagliarti. Ma non un semplice taglio, infierisce graffiandoti sadicamente. Ti scopano quegli occhi, se solo ne hanno voglia. Ha studiato ed è molto attraente. E mi serve drink in un pub. I beoni abituali le fanno proposte, lasciano bigliettini, s'umiliano di fronte alla sua bellezza superba con svenevoli sguainate di cazzo platoniche e rivoltanti paroloni di miele scaduto. Cristo. 

Lei invece è fidanzata con un figuro orrendo. Un quarantenne coi capelli radi, il passo scoordinato, occhi piccoli e nello sguardo la stessa espressione arguta e fascinosa dell' On. Gasparri. Agente assicurativo, neanche uno col grano. Ed è salita sulla mia macchina.
Ho avviato il motore e mi sono chiesto perché. Poi ho infilato un bel cd d'atmosfera. Risuonava “Confortably numb” dei Pink Floyd, con bottiglie e barattoli vuoti che si urtavano ad ogni curva, tintinnando in un concerto surreale nel silenzio bruno della notte.

Note, vetro e latta. Ed una gran fica sul sedile al mio fianco. Una bella premessa per una scopata infame alla fioca luce dei lampioni. Ma anche leccargliela una mezz'oretta, sarebbe stato un buon affare.
Discutevamo amabilmente e continuavo a chiedermi come avrebbe fatto di li a poco ad infilarsi nello stesso letto con quel cencio d'uomo. Quell'immagine mortale mi perseguitava. Una cosa contraria a tutto. Interesse, gusto estetico, religione. Forse il gaggio nasconde nei pantaloni un'arma da 26 centimetri. Mi è sembrata l'unica possibilità sensata. Lei mi parlava di un concorso, ed io ho elaborato una interessante teoria: Le donne belle che non fanno parte del jet-set, finiscono con uomini tragicamente brutti. Sembrano talmente inarrivabili che nessuno si fa avanti. Inibiscono le menti. E si accontentano del primo relitto che le manda delle rose e le apre la portiera con l'espressione demente.
Parlava guardando avanti, con un po' di imbarazzo. Poi ci siamo fermati davanti ad un palazzo d'epoca e un bidone della monnezza stracolmo. Ha preso una cartina e si è messa a rullare uno spinello.
Poi il discorso è passato al suo amore dolcissimo e osceno.
“E' gentile. Poi sa come trattare le donne.”.
“Con tutta la gente che ti strisciava dietro, alla fine hai ceduto...”.
“Sembra così, ma molti non si avvicinano nemmeno. Altri scappano...”.
Ecco che la mia illuminata teoria trova giustificazione. Sono un dritto mica da ridere. Ho il sapere assoluto racchiuso nelle mie palle gonfie.
“Io non scapperei di sicuro...”.
“E che c'entri tu? Tra l'altro non ci hai mai provato, non sembro il tuo tipo...”.
“Cristo è vero. Non è mai capitata l'occasione. Sono un timido, forse. O quel fiume si stronzi ai tuoi piedi mi disgusta”.
“E quella sera a casa di xxxx?”.
“Le stelle non erano propizie, forse.”. Ero talmente sbronzo che vomitai l'anima e poi me ne andai a casa, facendo un saluto collettivo con la mano. Senza parlare.
“Vuoi dire che ci saresti stata?”.
“Forse, non lo so, chi può dirlo...”.
E ha sorriso. Un sorriso leggero, impercettibilmente malizioso e paralizzante diceva tutto, quella bionda strega, tutto usciva dalle sue labbra rosse e sottili. La non-negazione-netta equivale ad una affermazione. Una possibilità del consenso. A noi uomini basta quello. Un po' l'ho capita la psicologia delle donne. Le ho posato la mano sulla gamba. Ho avvicinato le mie labbra alle sue. Dio, aveva un buon profumo. Fiori selvatici in un meriggio assolato di primavera tra papaveri e amoreggianti vespe. Poi ci siamo baciati. Sette secondi in tutto. Il tempo che la mia mano percorresse le sue cosce schiude, ed il cazzo s'armasse nelle mutande. Poi s'è sottratta, mi ha scansato amabilmente.
”Dai, non è il caso...”
“E che c'è che non va?”. Mi sono avvilito un po'.
(“Io credo negli astri. Stasera la luna pare lacrimare passione depravata, miele selvaggio e sconcio rossore di sangue e passione. Non te ne accorgi? Scopiamo.”). Così avrei dovuto dirle, ma non m'è venuto, e ho ritirato il cazzo.
Mi sono acceso una sigaretta, ho dato qualche boccata nervosa. L'ho ascoltata argomentare.
“Non mi sembra giusto nei suoi confronti. Poi noi siamo amici da tanto...”.
Le ho aperto il portello. L'ho fatta scendere. In aperta campagna. Con le luci della città che si accendevano in lontananza. Ho riavviato il motore e l'ho lasciata lì. E pensavo. Chi le capirà mai, queste creature deliziosamente diaboliche. E stronze. Le chiedevo solo di concedermi una scopata di commiserazione. Null'altro. Mica una amore pietoso, quello ce lo ha già. Poi ho fatto l'inversione. Camminava abbracciandosi il busto, per combattere il freddo che non c'era. Mi sono avvicinato. Sembrava piangere. La macchina la seguiva a passo d'uomo, e io le parlavo col finestrino abbassato.
“Dai sali!”.
“Vattene!”
“Guarda che se passano gli sbirri, penseranno che ti sto caricando. Passeremo la notte in questura!”.
“Sarei anche una puttana, adesso? Sparisci!”
Peggioravo la situazione. Non sono bravo con le parole.
“Va bene, scusami, è stato un attimo di nervosismo, ma ora sali! Mi inginocchio più tardi.”.
E' salita. Ci siamo baciati nuovamente, senza un perché e altre inutili ciance. Un bacio lento e senza pretese. Morbido e finale. Tremava, e sentivo il sapore delle lacrime mescolarsi al buon odore della pelle ancor più bianca sotto il cielo che andava rischiarandosi. Le nostre lingue morbide, danzavano un jazz di dolcezza struggente. Le ho passato la mano sotto la gonna, tra le cosce schiuse, sotto gli slip, era già bagnata, coi riccioli della fica intrisi di piacere bagnato. Le dita si muovevano e lei dimenava discreta il culo, leccando e mordicchiandomi la barba. Inquieta, senza ormai nulla da chiedere che non fosse un orgasmo alle stelle invisibili. Mi sono piegato, sfilato gli slip e iniziato a leccarla. Una leccata avida e lenta, piena di stupefacente poesia. E' proprio vero che la stronza dolcezza nasce dalle cose inattese. Era bagnata, e la lingua scivolava sulle labbra ormai aperte, senza difesa. La divoravo con lentezza, mangiando anche i suoi peli biondi, fradici di desiderio e muovendo all'impazzata la lingua dentro di lei. Morsi e leccate voraci, tra gemiti soffusi e ancheggi che parevano una danza di coordinazione naturale. Poi ha serrato le cosce al mio viso, l'ho sentita vibrare sotto le mie labbra e liberarsi in un gemito più profondo.
Ci siamo abbracciati e abbiamo fatto l'amore come non mi capitava da tempo, mentre in lontananza un cane bastardo si grattava le pulci.

Stamattina mi sono svegliato con una splendida e impudica erezione, ancora pensando a quella scopata lenta e ingorda, con ancora l'odore della sua fica mescolato a quello delle sigarette.

5 commenti:

  1. istinti animali conditi da un'anima romantica.
    strano che non ci sia ancora lafiladifiga qua fuori.
    oggi c'è parecchio vento da me, mi permette di esser ancora più limpida del mio solito.
    limpida dal dizionario di ekeka.z: dire le cose semplicemente come stanno.
    buondì

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  2. Non sono un blogger mondano. La "filadifiga" va coltivata col concime adatto. Ed io non c'ho tempo. Troppi click. Troppe fregnacce. Scrivo per scrivere. Mi piace rimanere nell'ombra. Poi chi passa qui per caso, mi legge perchè vuole farlo davvero. Stasera mi sento romantico assai. Più tardi esco ad ubriacarmi, oppure mi masturbo. Devo decidere. Buona serata.

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  3. Nick, la eke ti fa la fila di figa(che peste).La donna normale non chiava l'amico perchè un po' si vergogna.L'uso dell'assai mi è famigliare.La masturbazione maschile non la pratico.

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  4. Gerico, Eke è tanto cara, me è un'impresa. Lafiladifiga trepidante che mi lancia gli slip, è una cosa troppo mondana. Non pratichi? Non ti biasimo, è come bere una vodka tonic senza vodka.

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  5. ...riguardo all'assai. Mi è rimasto trapanato nel cervello dopo aver letto un racconto di Bukowski, quando avevo 19 anni. Passaci sopra.

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Dedicato a chi non lo leggerà mai.