mercoledì 18 novembre 2009

Un nano monco che si ingroppa una sedia sbilenca, col cazzo moscio








Mi sono ritrovato al centro di una comitiva di intellettualoidi spetazzanti. Un delizioso aperitivo, nel locale più costoso e lussuoso della città. 
Il centro di tutto era Alfredo. La madre badessa di una setta di esaltati. Un quasi cinquantenne di 162 centimetri abbondanti, capelli posticci di un biondo marroncino, scenici occhiali con montatura di un estroso rosa tenue. Alfredo sorrideva suadente emanando un orrendo odore ascellare, acre e ricoperto da spray dozzinale simil “pino silvestre”.
Attorno a se un manipolo di fanciulle adoranti, se lo pappavano con occhi di virginale e devota ammirazione. Mi domandavo cosa avesse di così attraente quel maleodorante omino occhialuto. Possibile fossero così profondamente stupide? Ho chiesto lumi a colei che mi aveva introdotto in quel serraglio ricercato. Ha fatto spallucce, come a non poter dare banali e terrene risposte riguardo un affare troppo grande per me.
“Oh...ma lui è semplicemente ALFREDO...”.
Cristo, anche la mia donna era irrimediabilmente attratta da quello strano esserino che si muoveva frenetico, come punzecchiato nelle natiche da uno spillone imbevuto di ketamina. Ammirava Alfredo. E Alfredo parlava, cianciava. Discorsi fiume, senza alcun senso. Politica, alienazione della tv, mass media corrotti, dadaismo, arte astratta, nomi di inesistenti pittori contemporanei tedeschi con simpatie naziste. Inventava tutto al momento. Ogni tanto alternava ai discorsi saccenti ad ammiccanti doppi sensi a sfondo sessuale. Sorrideva ostentando la dentatura da bestiola marsupiale. E tutte se lo abbracciavano ansanti, immaginando la sua impalpabile nerchia gigante in rima.
“hihihihi...ma come fai? Sei il solito...Hihihih...”.
Il suo puzzo osceno, da fradicio montone selvatico, non le inibiva minimamente. Avevano gli occhi sgranati come davanti a un tacchino a forma di minchia.
Poi l'intera comitiva s'è trasferita per un fine serata da spendere in una osteria popolare, giusto per dimostrare a se stessi d'essere proletari. In macchina ho saputo dell'altro. Alfredo nella vita non fa nulla. Si dedica all'arte. Aspetta che l'ispirazione geniale lo trasporti via, come un'impetuosa onda del mare inquinato da cui sgorgano i tubi della fogna.
“E' un artista concettuale!!!”.
Io mica l'ho capito cos'è un artista di concetto. Forse uno di quegli svantaggiati che cacano nel piatto, si scopano un'anitra selvatica o fotografano una mela marcia, lasciando intendere che abbia un senso imperscrutabilmente superiore. Incomprensibile agli occhi umani che conoscono solo i loro peli del cazzo. E' facile l'arte, in fondo. Ha continuato, come a frustrare la mia sciocca perplessità.
“Ma tu ce lo vedi in un ufficio, Alfredo? Lui è uno spirito libero...non lo conosci!”.
Ho iniziato a buttare giù il rosso, per eclissarmi dall'atroce marasma. Al tavolo l'atmosfera s'era fatta pesante. Alludevano alla fica senza nominarla, e poi discorrevano di impressionismo. Hanno intrapreso un discorso complicato. Tutti concordavano sdegnati. Rigettavano la laurea come sinonimo di ottuso imborghesimento castrante dello spirito. Nessuno era laureato, o aveva il coraggio di confessare il vile reato. Non mi sono svelato, o mi avrebbero scambiato per un miserabile arrampicatore sociale, un simpatizzante del nazifascismo, uno stupratore seriale o, peggio ancora, un liberale. Alfredo si vantava di aver lasciato la laurea in architettura a pochi esami dalla fine. E' uno spirito libero, del resto.

Per un attimo l'ho guardato. Il vino faceva il suo sporco effetto, come una delicata guaina anestetizzante. Ho ammiccato. La bisessualità è parecchio trend. L'ho ammantato di parole folli, che zampillavano facili. L'artista di concetto si è mostrato imbarazzato, non senza un filo compiacimento. “Oh, neanche gli uomini sanno resistermi...”, sembrava ripetersi, con gli occhietti vuoti e fastidiosi. Poi gli ho chiesto: “Ma tu quando scopi un termosifone, te lo metti il preservativo?”. Non m'ha risposto.
Ci siamo rimessi in macchina. Offesa, non mi parlava. La luna velata da tanti rivoli spaventosi e sfilacciati, m'ha chiarito la triste verità. Lei si vergogna di me. Dovevo farmi perdonare. Il cazzo montava inesorabile nei pantaloni, anelava sollievo dopo quelle ore di abbrutimento. Ha schivato i miei baci sul collo, visibilmente infastidita. I riccioli somigliavano a un cespuglio inestricabile di rabbia bionda. C'era ferocia vera nei suoi occhi. Orrendi lampi rosso fiamma.
Poi ha ceduto. Ci siamo baciati. Un bacio appassionato e pacificatore. In sottofondo, i guaiti di due cani bastardi che s'inchiappettavano senza pretendere nulla. Le lingue guizzavano all'impazzata, la mano cercava avida la sua fica glabra e sgusciante. Poi l'ho trovata. Cristo! schiumava eccitazione furiosa. L'ho accompagnata su di me, lasciandola affondare sul cazzo, già tronfio. Ha preso a dimenarsi frenetica. Mi montava con rabbia sguaiata, dibattendosi impazzita. Non mi dava tregua, voleva punirmi. Ha serrato le chiappe, s'è presa il suo orgasmo, tirando su le mutande.
“Sei solo una puttanella da due soldi! eri eccitata per l'artista di concetto, eh?”
“Sei pazzo...ubriaco, pazzo e malato! Devi farti curare!”.
Siamo saliti a casa. Ne abbiamo fatta un'altra all'impiedi. Poi ci siamo sbattuti sul letto. Una chiavata all'ultimo respiro. Mentre bevevo una Beck's da 66cl sul letto, me lo ha succhiato con morbida lentezza. 

Mi sono svegliato vagamente stravolto. Una bella domenica, di nulla sibilante. M'è venuta un'ispirazione artistica. Improvvisa, possente. Dovevo lasciarla esplodere o sarei morto. Lei dormiva ancora, i boccoli chiari le coprivano il viso, lasciando scoperto il collo. L'ho destata dolcemente, ma con la voce assai concitata:
“Tesoro, ho deciso. Farò anch'io una mostra di arte concettuale.”.
“Ah...”.
Ho pure deciso la prima opera. Un nano monco, che si ingroppa una sedia sbilenca, col cazzo moscio.
“Gesù, sei fuori di testa...gente, sto con un pazzo-pazzooo-pazzoooo...”.
S'è girata ed ha ripreso a dormire.
Dedicato a chi non lo leggerà mai.